Julio Baptista e l’Arsenal: la fiducia di Wenger e il North London
Montagne russe
Le salite e le discese, up vertiginosi e i down improvvisi, come nelle più classiche montagne russe. La parabola perfetta per riassumere la carriera di Julio Baptista, ragazzotto brasiliano classe ’81 dalla possente statura ma troppo discontinuo per essere grande.
Esploso in patria al San Paolo e affermatosi al Siviglia, al Real Madrid in due annate, 2005/06 e nel 2007/08, ha probabilmente avuto il suo picco più alto in una carriera però troppo condita di alti e bassi. In mezzo all’esperienza in blancos, un anno in Premier League, all’Arsenal in cui fece vedere cose interessanti senza però lasciare seriamente il segno.
31 Agosto del 2006
Passò ai Gunners il 31 agosto del 2006, nello scambio che portò José Antonio Reyes al Real Madrid. L’esordio in Premier League arrivò il 9 settembre successivo nella partita contro il Middlesbrough. Era l’Arsenal di Henry, Ljungberg, Adebayor e dei giovani Fàbregas e Van Persie.
Wenger credeva nel ragazzo, pensando che il mix di abilità fisiche e tecniche potesse essere devastante in un campionato come quello inglese.
Collezionò trentacinque presenze stagionali e dieci gol, quattro delle quali nella vittoria in Coppa di Lega contro il Liverpool in cui i Gunners vinsero 6-3 ad Anfield.
Diritto di riscatto
Una stagione però troppo discontinua per il trequartista brasiliano che portò l’Arsenal a non esercitare il diritto di riscatto anche a causa dell’elevata richiesta del Real Madrid di circa 20 milioni di euro. Tornato al Real rimase per un anno, in cui si fece notare per un gol nel Clasico contro il Barcellona, ma poco altro, decidendo così di cambiare alla ricerca della costanza mai avuta. Roma, un ritorno in Spagna al Malaga e poi a casa in Brasile al Cruzerio, senza risparmiarsi un’esperienza USA all’Orlando City (dove gioca con Kakà e Nocerino) e il ritiro dal calcio giocato al Cluji, dove si vede per soli 42’ minuti prima di risolvere anticipatamente il contratto.
Centotrenta gol in carriera
Dopo centotrenta gol in carriera, la vittoria di due Confederations Cup, un campionato spagnolo e due brasiliani, a trentotto anni la “bestia” decise che era tempo di ritirarsi, di farsi da parte, di andare in letargo.
Un addio accompagnato da una lettera scritta dal giocatore con un pizzico di velata nostalgia, per aver fatto parte per anni dell’elite del calcio mondiale ma, a causa di una discontinuità, mai diventato grande.
Oggi, appesi gli scarpini al chiodo per Julio è iniziata una seconda vita, da tecnico della squadra Under 19 del Real Valladolid allenando i giovani di a non essere discontinui come lo è stato lui.
di Lorenzo Petrucci