Prijedor. Un nome che dirà poco, se non niente, ai più. Eppure Signori, la piccola città situata nel nord della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina ( che poi piccola non era, almeno fino alle guerre in Jugoslavia nei primi anni novanta) vanta un merito, che chi ama il calcio, o perlomeno il "bello del calcio", non gli può negare: "averci donato", nell'inverno del 1988, Josip Ilicic.

Si perchè il fantasista dell'Atalanta è uno di quei giocatori che "capitano" di rado nell'universo calcistico, spesso frettoloso nell'etichettare campioni, talenti o presunti tali. Ilicic è qualcosa di diverso, di non catalogabile, un ente autonomo che vive di leggi proprie applicate sul manto erboso di cui a volte, come sabato scorso a Milano, diviene sovrano. Senza alzare i toni, senza bisogno di prime pagine, ma con il solo uso di quel sinistro che, con un solo tocco, trasforma la sfera in qualcosa di diverso. In arte.

Ilicic
Josip Ilicic con la maglia dell'Atalanta - Photo by Atalanta Twitter

Josip Ilicic, nelle giornate in cui è ispirato( mai pretendere da un artista la continuità), non si limita semplicemente a giocare a calcio. O meglio, non solo. Nello stesso tempo danza, scia, dipinge. Insomma, illumina. Da oramai undici anni, con la maglie rosanero, viola e nerazzurre, i campi e gli stadi della penisola. Ma cosa succederebbe se il 32enne atalantino cambiasse campionato e si trasferisse, perchè no, nella nostra amata Premier?

La forza del fantasista sloveno è indubbiamente nel piede sinistro, ma, attenzione, non solo. Il numero 72 di Gasperini si avvale, e anche bene, di un corpo slanciato usato spesso come scudo per difendersi dall'urto avversario; una corporatura robusta e delicata nello stesso momento, che gli consente sterzate capaci di ubriacare anche il più sobrio avversario. La protezione della palla, insieme alla qualità tecnica, diventa infatti un binomio spesso letale per le difese nostrane. Basterebbe in un torneo atletico come quello inglese?

Molti talenti in Inghilterra hanno poi fallito, non riuscendo ad abituarsi ad un calcio in cui il contatto fisico non è una possibilità, ma un "must". Altri, hanno fatto quel football proprio, divenendone poi parte integrante, in alcuni casi, scrivendone la storia. E Ilicic, che racconto sarebbe nel campionato più antico del mondo? Un bestseller o un flop? Campione o comparsa? Il futuro forse non ci permetterà di leggerlo, ma la curiosità di avere quel romanzo in biblioteca sarebbe tanta.

Pierluigi Cuttica