Periodo complicato per il Chelsea di Frank Lampard che, dopo una lunga serie di gare senza conoscer sconfitta, pare "essere tornato sulla madre terra", bloccato in un limbo di dubbi e riflessioni. Troppo forte prima, molto fragile adesso, quale è la vera natura della squadra blues?

Si parta dal fatto che diciassette gare da imbattuti non nascano per caso, ne che possano esser ricondotte semplicemente ad altri, chiamiamoli così, fattori esterni: assodato ciò, per due mesi il Chelsea è stata una macchina da punti, veloce e scattante, affidabile sotto qualsiasi aspetto e su tutte le superfici. Per questo lasso di tempo la difesa dei Blues ha disegnato figure di intangibilità ed inviolabilità, con Mendy assennato guardiano di una porta divenuta quasi sacra.Poi, in un attimo, tutto, o perlomeno molto, è mutato: quella difesa impenetrabile diveniva di accesso comune, quel Mendy insuperabile tornava normale e quella manovra, che sorgeva armoniosa e veloce, dispersa. Proprio quest'ultimo aspetto è quello che preoccupa di più, perchè se da un lato la difesa sta comunque facendo il suo, nonostante qualche errore, se Mendy ha "normalizzato" il suo rendimento, che rimane più che positivo, dall'altra parte la fase offensiva della squadra ha registrato più di un passo indietro. Difficile spiegare un cambio così repentino di prove e risultati, sta di fatto che dal 12 dicembre scorso qualcosa è cambiato: la rete di Sigurdsson è stato l'inizio di un mese quasi da incubo per i ragazzi di Lampard, che l'unica vittoria di tre turni fa con il West Ham non ha certo raddrizzato.

Un periodo negativo che ha nascosto certezze quasi acquisite per evidenziare problemi, anche quelli impensabili: l'elogio alla dispendiosa campagna acquisti estiva è divenuto ora critica, i complimenti al tecnico trasformatisi oggi in manifesti per il popolare( in una fetta di tifosi) "Lampard out". Ma, attenzione, tutto regolare se si parla di Chelsea, società unica al mondo in tema di complicanze e tendenze all'autolesionismo. La realtà è che a questa squadra potrebbe mancare, molto più banalmente, una cosa: la fiducia. Un sentimento fondamentale, che cambia percezioni e sensazioni di quello che vive dentro e fuori di noi: non dimenticarsi mai che il Chelsea di Lampard rimane per grande parte composto da ragazzi di giovine età, ancor più soggetti a vivere le onde di emozioni che la vita, come lo sport, offre. Discorso riduttivo o banale? Forse. Ma a volte, la soluzione dei problemi, è più semplice di quel che possa apparire.

Domani si torna a giocare(ore 16.30 UK)e a Stamford Bridge è atteso il Manchester City di Guardiola: squadra che non ha bisogno di presentazioni e che arriverà a Londra con una formazione competitiva, nonostante i recenti problemi legati al Covid. La squadra del tecnico spagnolo proviene da un buon momento, come testimoniano le ultime sei gare di Premier in cui risulta imbattuto, e scenderà in campo per fare la gara, come prassi del suo allenatore. Avversario giusto per testare la forza, fisica e mentale, dei blues che, se da una parte dovranno ancora fare a meno di James, dall'altra riabbracciano Ziyech pronto al rientro in campo dopo un mese( l'ultima sua presenza nella vittoria sul Leeds del 5/12, poi il buio, solo un caso..?). Difficile comunque che l'ex Ajax parta titolare, più probabile vedere nello "starting xi" un Hudson-Odoi messosi in luce negli ultimi allenamenti a Cobham: insieme a lui a comporre il tridente offensivo potrebbero esserci Pulisic e un Werner che sarebbe finalmente riportato nella sua "comfort zone". Meno dubbi in difesa dove Azpilicueta sostituirà James, completando il reparto davanti a Mendy con Zouma, T.Silva e Chilwell; a centrocampo Kante e Mount sembrano certi del posto, bagarre per completare il reparto con Kovacic favorito, ma attenzione alla possibilità Havertz o alla sorpresa Gilmour.

Tutti, insieme, alla ricerca della fiducia perduta.

Pierluigi Cuttica