Fulham: this is "The End?"
The End
Nella canzone The End dei Doors, Jim Morrison canta “La fine dei nostri piani elaborati, la fine di tutto quanto ci sia, niente salvezza o sorpresa”. Bene, purtroppo non trovo parole più azzeccate delle sue per descrivere l’ormai certo ritorno in Championship del Fulham.
Tony Khan
I piani elaborati di Tony Khan & Co. giungono quindi alla fine, senza salvezza. Né per lui, le sue idee, politiche e operazioni, né per la squadra. Riuscita sí nell’impresa di vincere due finali playoff di fila ma non adatta e strutturata per la Premier. Nemmeno dopo i tardivi interventi sul mercato.
La fiammella della speranza
Purtroppo nessuna sorpresa, perché anche i più tosti tifosi Whites sapevano in cuor loro che facilmente sarebbe andata così. La fiammella della speranza accesa ma esposta a venti di burrasca costantemente. Con il sole, chiamato striscia positiva, o vittorie roboanti come al King Power Stadium, la prima della storia a Goodison Park e la sempre prestigiosa ed inusuale ad Anfield; troppo spesso villano, a fare capolino per poi nascondersi.
E sta proprio negli episodi la chiave di lettura, ironica e sadica, di questa discesa negli inferi.
Anche qui, la seconda consecutiva.
Rimpianti
Perché il rigore (che non c’era, sia chiaro ma che l’arbitro aveva dato) tolto con il VAR all’Aston Villa, il gol annullato al Wolverhampton per un fuorigioco colto con i cannocchiali per osservare Urano, la zuccata vincente di Ayling del Leeds cancellata sempre dalla tecnologia, sono episodi a favore che dovrebbero darti carica, illusione, farti ben sperare.
Invece no, il nulla.
Come camminare ad occhi in su per vedere una stella cadente a gennaio, quando il suolo è cosparso di banconote pronte per essere raccolte.
In troppe occasioni si è attesa la partita della svolta, con un Newcastle allo sbando pronto per essere superato, con giá la testa posata sulla ghigliottina, ma con il Fulham che ha fatto di tutto perché il boia si addormentasse e che i Magpies si ridestassero e fuggissero.
Attacco sterile
Mezza stagione senza un attaccante che potesse sostituire Mitrovic, perché Cavaleiro falso 9 non ha proprio funzionato, perché Josh Maja avrá anche talento ma non puoi chiedere ad un ragazzo diventato famoso per una serie Netflix, su di un club scoppiato, di prendere per mano la squadra e salvarla. L’altra mezza, giocandola come se Mitrovic fosse un nano, o come se si basassero gli schemi sull’Italia di Ventura contro la Svezia. Naturalmente non per la logica.
E cosí ci ritroviamo alla fine di tutto quanto ci sia. Per i tifosi, a soffrire senza poter fare nulla, con gli stadi chiusi e le pay-tv che a volte dimenticano che ci sono altre squadre oltre Manchester, Liverpool e i bianchi di Mourinho. Per i pochi giocatori degni della maglia, un Andersen da libro cuore, un Areola che nonostante abbia capito subito che quando gli hanno detto “fai le valigie che giocherai a Londra” avrebbe dovuto controllare con chi, a pochi, davvero pochi altri.
La matematica
E sí, la matematica ancora non condanna, la Great Escape con Hodgson alla guida è un ricordo sempre vivo, alcuni inossidabili rimandano allo “Stand up if you still believe” dell’epoca.
Davvero peró scommetterebbero anche solo 1 pound sulla salvezza?
Siamo inguaribili ottimisti, tifosi che nonostante tutto ancora guardano le partite, e che andrebbero all’uno contro uno con Traoré dei Wolves per fargli pagare la sentenza al 92’ di venerdì scorso.
The West is best
Ma anche se non dimentichiamo che “The West is the best”, caro Morrison, le uniche parole che rieccheggiano in testa ora sono “this is the end, beautiful friend, this is the end”.
di Simone Abitante