Il bomber di provincia


 
Se il calcio inglese gode di un fascino irresistibile e senza tempo non è solo per la sua storia secolare, per i suoi stadi incantevoli o per le grandi storie di successo del football d’oltremanica, ma anche per alcuni personaggi in chiaroscuro che sembrano usciti dalla penna di qualche sceneggiatore. Dean Ashton è uno di questi, la sua storia è tanto breve quanto intensa, costellata da alti e bassi degni di uno sceneggiato della BBC.
Nato a Swindon, Wiltshire, il 24 Novembre del 1983, Ashton dimostrò da subito un fulgido talento con la palla tra i piedi ed una spiccata capacità di apprendimento. Quando la famiglia si trasferì più a nord, precisamente nella contea dello Staffordshire, ottenne numerosi riconoscimenti per i risultati scolastici ben al di sopra della media e catturò, dopo un breve periodo nel settore giovanile dello Stoke City, le attenzioni del Crewe Alexandra, la cui academy era in rapida ascesa. Fu con la maglia dei Railwaymen che Ashton passò dal ruolo di centrocampista centrale a quello di centravanti, e fu con la maglia della formazione del Cheshire che, il 28 Ottobre del 2000, all’età di sedici anni, debuttò da professionista, subentrando a sette minuti dalla fine, in una sfida di First Division, oggi Championship, vinta dalla sua squadra sul campo del Gillingham.
Tra il 2000 e il 2005 Dean Ashton giocò più di centocinquanta partite con la maglia del Crewe Alexandra, andando in doppia cifra in ogni singola stagione completa disputata con la maglia dei Railwaymen e totalizzando anche una ventina di assist. Segnò inoltre goal fondamentali per il ritorno della sua squadra in First Division nella stagione 2002-2003, specialmente uno spettacolare e decisivo goal al volo da posizione defilata contro il Portsmouth al novantaquattresimo minuto in una delle ultime sfide della stagione.

L’approdo in Premier League


I suoi numeri attirarono presto l’attenzione dei club della Premier League e fu infine il Norwich City a metterlo sotto contratto nel gennaio del 2005. Con i suoi centonovanta centimetri di altezza, le lunghe leve e le eleganti movenze, atipiche per un fisico longilineo come il suo, Ashton conquistò il pubblico di Carrow Road, soprattutto quando decise di restare nel Norfolk anche dopo la disastrosa sconfitta 6-0 rimediata a Craven Cottage all’ultima giornata e la conseguente retrocessione nel Championship.
La stagione successiva iniziò con i Canaries in difficoltà nonostante le performance di Ashton, autore di dieci goal e nove assist nelle prime ventotto partite. Fu nella sessione di gennaio che, del tutto a sorpresa, il West Ham United si interessò ad Ashton, riuscendo a metterlo sotto contratto anche grazie alla volontà del giocatore che, essendo figlio di un tifoso degli Hammers, non poté rifiutare il prestigioso trasferimento.
Già nei primi mesi a Carrow Road, Ashton si era contraddistinto per una speciale abilità nel segnare goal in rovesciata, ma anche per le caviglie fragili, una maledizione che condizionerà la sua intera carriera. Ma nel primo periodo londinese tutto sembrò andare alla perfezione per il cigno di Swindon, le sue reti infiammavano il pubblico di Upton Park e guidarono il West Ham United alla finale di FA Cup, poi persa sfortunatamente ai calci di rigore contro il Liverpool nonostante un goal dello stesso Ashton.
 

La sfortuna ci vede benissimo


Dopo l’apice di Wembley, nonostante la finale persa, Ashton si preparava a recitare un ruolo da protagonista a livello internazionale. Gli ultimi mesi erano valsi la prima convocazione nella nazionale maggiore inglese e avevano fatto sognare un futuro roseo per questo gigante dell’area di rigore. Eppure, all’inizio della stagione 2006-2007, la caviglia tradì nuovamente il centravanti degli Hammers e lo costrinse a saltare tutta la stagione e a sottoporsi a tre interventi chirurgici.
Ashton non si diede tuttavia per vinto e si presentò più agguerrito che mai ai blocchi di partenza della stagione successiva. Il goal nella vittoria all’Emirates, altre due reti spettacolari segnate in rovesciata, una delle quali fece applaudire l’intero pubblico di Old Trafford, ed una serie di prestazioni di ottimo livello valsero ad Ashton un posto di rilievo nella formazione degli Hammers ed il ritorno in nazionale. Fu un nuovo grave infortunio a far calare il sipario sulla sua breve ma intensa carriera, ancora una volta la caviglia, ancora una volta operazioni chirurgiche e riabilitazione, ma stavolta i medici sconsigliarono il ritorno all’attività agonistica e nel 2009 Ashton appese definitivamente gli scarpini al chiodo.

Il Canto del Cigno


Le sue movenze eleganti, il suo spirito battagliero e la fluida parlantina davanti ai microfoni avevano stregato i tifosi del Crewe Alexandra, del Norwich City e soprattutto del West Ham United; non c’è da stupirsi che Dean Ashton è ancora oggi molto amato dai supporter di tutte le squadre di cui ha vestito i colori. La sua sfortunata carriera ha lasciato molti rimpianti, non solo al diretto interessato, ma a tutti gli appassionati di calcio; basti pensare che persino Gary Neville, di solito parco di complimenti, ha definito Ashton “Uno dei più grandi centravanti che il calcio non ha mai avuto”.
C’è però una singolare appendice alla carriera di Ashton, oggi golfista dilettante e commentatore radio-televisivo. Per festeggiare i dodici anni con la maglia degli Hammers, Mark Noble organizzò un testimonial game a cui furono invitati molti volti noti della storia del West Ham e non solo. L’ultimo tiro in porta della carriera di Ashton, anche se avvenuto in un match non ufficiale, arrivò con il proprio marchio di fabbrica, una spettacolare rovesciata che spedì la palla in fondo al sacco, un modo speciale per ringraziare Noble dell’invito e per ricordare al mondo quale fulgido talento si nascondeva in quelle caviglie fragili e dietro la rude compostezza del cigno di Swindon.
diMichele Mele