L’abbazia


L’abbazia di San Vincenzo al Volturno fu costruita in quello che oggi è il comune di Castel San Vincenzo, in provincia di Isernia, intorno all’VIII secolo nel pieno della dominazione longobarda. Fu riscoperta casualmente quando un contadino precipitò nella cripta di Epifanio mentre scavava nel suo appezzamento di terra, rivelando al mondo lo splendore del ciclo di affreschi ivi conservato.
Per più di un secolo il sito non fu oggetto di studi sistematici e fu soltanto grazie all’intervento di alcuni atenei britannici che nel 1980 partirono gli scavi. Studiosi e archeologi di vari atenei inglesi si alternarono nelle indagini su questo sito di rilevanza internazionale tra il 1980 ed il 1997 e molti si trasferirono per qualche tempo a Castel San Vincenzo e nei comuni limitrofi. Tra questi figura Pizzone, il comune con la maggiore altitudine nell’intera regione, un minuscolo borgo con poche centinaia di abitanti presso il quale soggiornarono alcuni degli addetti ai lavori impegnati negli scavi; anche il giovane Winston Brown, borsista della University of East Anglia, si ritrovò catapultato in mondo molto diverso dal continuo fermento della natia Londra o della pianeggiante Norwich, la città sede del suo ateneo.
 

La fondazione


Brown rimase in Molise per circa tre anni, un periodo in cui contribuì a riscoprire l’abbazia e a comprenderne l’importanza durante i secoli finali dell’Alto Medioevo. Il giovane archeologo si rese presto conto che il piccolo borgo delle Mainarde molisane non aveva una squadra di calcio, inconcepibile per un vero appassionato dello sport; pertanto iniziò a reclutare volontari per formare un club calcistico nel piccolo centro abbarbicato sulla sommità del Monte Mattone. Un paio di colleghi di lavoro accettarono la proposta di Brown, così come alcuni abitanti del posto e ben presto la quota di undici giocatori fu raggiunta.
La prima partita del club fu un’amichevole contro la squadra della vicina Colli a Volturno, la sfida terminò con una pesante sconfitta 4 -1 per Brown e soci, ma fu il giovane ricercatore inglese, che giocava da terzino destro, a segnare l’unica rete dei suoi.

L’eco di Floyd Road


Brown battezzò il club con il nome di Atletico Pizzone, un evidente omaggio al Charlton Athletic, la squadra per cui tifava fin da bambino. Il nome della squadra è cambiato in più di un’occasione, ritornando più volte a varianti del nome originariamente imposto dal giovane ricercatore inglese all’inizio degli anni ’80. Anche i colori sociali furono scelti per essere un omaggio agli Haddicks, rosso e bianco furono infatti da subito i colori sociali della divisa della squadra, spesso disposti come sulla divisa dei londinesi o a strisce.

Negli ultimi anni Il club fondato da Brown nel piccolo centro delle Mainarde molisane ha fatto la spola tra i campionati regionali molisani della seconda e dell’ex terza categoria italiana, raccogliendo anche qualche trofeo locale nel triennio 2007-2010. Così l’eco e le suggestioni della vecchia e polverosa Floyd Road hanno valicato i confini nazionali nel più sorprendente dei modi, giungendo fin nei monti dell’Italia centrale, una testimonianza di quanto lo sport possa unire luoghi geograficamente e culturalmente diversi nel nome di una comune passione.
diMichele Mele