La meteora Felipe Anderson, un problema per il West Ham
Incostante e devastante
Dribblomane, creativo, pungente. Incostante sì, ma devastante nelle sue serate migliori. Felipe Anderson nell’estate del 2018 lasciava la Lazio dopo cinque stagioni, l’ultima chiusa con lo score di un gol o assist ogni 95 minuti giocati tra Serie A ed Europa League. Da giovane aveva fatto parte della famosa under 23 brasiliana vincitrice delle Olimpiadi di Rio 2016, per poi vivere degli anni di lenta ma progressiva crescita a Roma. A 25 anni sembra pronto a fare il grande salto, o almeno lo sembra al West Ham, che decide di renderlo il giocatore più pagato della propria storia per 38 milioni di euro. Oggi, dopo meno di tre anni, Felipe Anderson è in prestito secco al Porto e sembra più un problema che altro per gli Hammers.
Eppure in apparenza questa non è una storia infelice. “Qui a Londra mi ha sorpreso la passione enorme dei tifosi, come ti incitano” – racconta Felipe Anderson. “Una cosa è vederlo da fuori, un'altra è essere parte della vita di questo club”. Il primo anno dell’ex Santos in Inghilterra si chiude con uno score di 10 gol e 5 assist tra tutte le competizioni, per un totale di una contribuzione ogni 213 minuti. Peggio del suo ultimo anno alla Lazio rispetto al tempo giocato, ma in un contesto diverso: il West Ham dell’ingegnere Pellegrini è una squadra piuttosto arida in fase offensiva, tanto da non permettersi mai di rinunciare all’estro di Anderson, che in Premier League salta solo due partite – entrambe per infortunio.
Punto fermo
Ad ogni modo gli Hammers chiudono a metà classifica e sembrano avere nell'ala brasiliana uno dei punti fermi del progetto di Pellegrini. Il West Ham investe ancora, batte di nuovo il record di trasferimento più oneroso della storia del club (con l’arrivo di Sébastien Haller) e ai nastri di partenza della stagione 2019-20 punta ad un piazzamento europeo. Il progetto naufraga. Felipe Anderson perde un po’ della sua vena offensiva e tanto basta ai londinesi per ritrovarsi in difficoltà nella lotta per la salvezza. Il primo e unico gol in stagione del brasiliano arriva a gennaio, quando l’allenatore non è più Pellegrini ma Moyes. Un tecnico con un’idea di calcio molto diretta, poco funzionale alle caratteristiche tecniche di Anderson, che finisce per racimolare solo 165 minuti nelle nove partite di Premier giocate in pandemia.
Arrivederci Londra
Se c’è una cosa certa del calcio post-COVID è che le risorse economiche a disposizione dei club di tutto il mondo sono poche. Felipe Anderson, dato ciò, deve aver passato una brutta estate. Perché da un lato c’era l’esigenza di separarsi da Moyes, un allenatore che difficilmente lo avrebbe potuto mettere al centro del villaggio, e dall’altro c’era un mercato restio ad investimenti rischiosi come Felipe Anderson, giocatore dalle doti innegabili ma che fino ad oggi le ha dimostrate solo a tratti. Il 7 ottobre il brasiliano riesce ad accasarsi al Porto, in prestito secco. Il Porto però non ha avvertito Conceição. O almeno è così secondo la stampa portoghese, da cui apprendiamo che il tecnico non avrebbe desiderato l’acquisto di un altro esterno d’attacco. D'altronde già prima di ottobre i Dragones potevano già contare su Corona, Otávio, Luís Diaz e soprattutto Chico Conceição, figlio dell’allenatore.
Porto
Insomma, il rapporto tra Conceição e Felipe Anderson è nato sotto una cattiva luce. Non sorprenderà a questo punto scoprire che ad oggi il brasiliano ha giocato la miseria di 383 minuti totali con la maglia del Porto, di cui 63 contro l’Olympiakos, ai gironi di Champions League, coi lusitani già qualificati al turno successivo. A fine stagione Felipe Anderson da contratto dovrebbe tornare a Londra, ma sembra difficile che Moyes provi a ripetere con lui l’esperimento riuscito con Jesse Lingard. Per quello che ne sappiamo oggi, quindi, il West Ham farà di tutto per provare a liberarsene e Felipe Anderson sarà un’occasione di mercato a tutti gli effetti. Magari a 28 anni, nella sua prossima avventura, riuscirà a trovare un po’ di serenità e continuità. D'altra parte sarebbe solo l’ennesima contraddizione di una carriera, finora, incompiuta.
di Gianluigi Sottile