Chiaramente i problemi che si trovò ad affrontare Jose Mourinho quando 11 mesi fa si sedette su una panchina più che scottante come quella del Tottenham erano più rilevanti di qualsiasi situazione tecnica: squadra a fine ciclo, una finale di Champions persa che di fatto aveva chiuso l'era Pochettino. Impossibile trovare stimoli giusti, d'altronde quando sei arrivato in cima (senza aver toccato la vera ed effettiva vetta) puoi solo scendere. E così fu, annata di transizione tra infortuni e partenti, si guardi agli addii di gente storica, come Vertonghen ed Eriksen. Ma ciò che Jose non smetteva mai di sottolineare nelle sue belle, profonde, giornalistiche conferenze stampa era un dato da non sottovalutare: questa era una squadra che prima del suo avvento non sapeva minimamente più vincere in trasferta, da 9 mesi a quella parte. Era andata via gente d'esperienza, campi ostici spegnevano la gioventù, coda tra le gambe e via puntualmente senza punti negli spogliatoi. Per ribaltare uno scenario del genere, era importante far capire a questo nuovo gruppo di ragazzi, quello che poi si sarebbe riformato quest'anno con un rimpasto generazionale assolutamente necessario e ben svolto, come vincere in trasferta: a differenza di Pochettino, tecnico che per vincere voleva sempre puntualmente che la sua squadra fosse più fresca e veloce del suo avversario, Jose ha stravinto titoli su titoli. E sa bene che in trasferta si vince sporco, su palla inattiva, privilegiando la tattica, abbassando ritmi quando necessario, con astuzia e malizia: esattamente come vincono le grandi squadre. Perchè non puoi sempre andare a 2000, specialmente in annate così, dal calendario così contratto: vivrai partite dove i giri del tuo motore non potranno esser sempre gli stessi.

Photo By Burnley

Come la gara di ieri, che ha visto il Tottenham impegnato a Burnley, nel Monday Night più rognoso della stagione, contro una squadra solida, arcigna, ostica, rocciosa, che mastica stesso progetto e stesso manager da 5 anni a questa parte. Una squadra che sa quello che vuole, sa come mettere in difficoltà chiunque, perchè conosce bene i propri punti deboli e sa puntare su quelli forti: palle lunghe, contrasti, vette aeree, fisicità, seconde palle, corner, palle inattive. Ed invece proprio nella gara più rognosa, contro una ricetta chiara e precisa, gli Spurs sono usciti corsari, col gran bottino, quei 3 punti che li riproiettano a soli due punti dalla vetta, una vetta tutta Mersey, bagnata da Everton e Liverpool. Tre punti arrivati pensate proprio senza brillare, persino battendo il Burnley sui suoi punti forti: palla inattiva, corner, palla sul primo, sponda sul secondo, tap-in vincente. Tutto aereo, tutto tipicamente Burnley. Per questo Dyche mastica amarissimo, per questo Jose strappa ancora sorrisoni, con quel suo ghigno da stregone malefico, che da sempre lo rende leggenda di questo sport.

E' la terza vittoria consecutiva in trasferta, ancora tutta nel segno di Son e Kane. Mattatore il primo, sempre più assistman il secondo, uno dei centravanti più forti e completi della storia del calcio britannico, a questo punto ormai altra leggenda vivente. E ciò che salta l'occhio è come l'Uragano sia diventato un 10 geniale, ormai falso nueve da far impallidire pure Firmino stesso, con un allenatore tacciato sempre colpevolmente come il "defensive guy", in realtà straordinariamente geniale pur nell'escogitare trame di calcio offensivo frizzanti, concrete, personali. Oggi Kane è il vero sostituto di Eriksen, pensate un po'! E' lui ad aprire i varchi per Son e Lucas, velenosissime mezze punte che tagliando dall'esterno sanno come attaccare la profondità, sempre più centralmente, sempre più attaccanti, sempre più letali. Letali come Sonny, mai numeri realizzativi così straordinari.

Photo by Tottenham

La vittoria di ieri pesa come un macigno, soprattutto a livello di classifica. Si costruisce così la winning mentality: vincendo partite sporche, senza brillare, su campi difficilissimi, portando sempre e comunque a casa il risultato. Perchè è per quello che si gioca a calcio: conseguire il risultato. Risultato che può significare titoli, trofei. Quelli che al Tottenham mancano da troppo tempo, 12 anni ormai, nonostante annate floride, straordinarie, emozionanti. Nonostante 2 Premier e 1 Champions praticamente sfiorante con Mauricio Pochettino.

Mourinho
Photo by Getty Images

Ma adesso è l'era Mourinho a prevalere, l'era dell'uomo a cui Levy, una volta costruiti impianti e strutture strepitose per diventare uno dei club più forti e strutturati al mondo, ha affidato il futuro dell'area tecnica, per corrispondere pur sul campo il gran lavoro realizzato tra training ground e Tottenham Hotspur Stadium. La vittoria di ieri regala agli Spurs tre punti determinanti, non solo in classifica, ma per momento e significato. Già perchè il paradosso logorante sono i 9 punti su 9 ottenuti in trasferta, ma soprattutto i 2 punti in altrettanti 9 ottenuti in casa. 7 punti persi, 4 al 95', un clamoroso 3-3 col West Ham che invece di Spursy (antireciproco, se stessimo lavorando con disequazioni matematiche) fece tanto parlare. 3 gol nel finale che però hanno fatto male, malissimo, hanno fatto soffrire insieme un gruppo coeso, sempre più compatto: e quindi hanno fatto bene, perchè hanno portato ai 3 punti di ieri. Tottenham squadra vera, secondo anno di progetto Mourinho, s'è avviato un ciclo importante. Col Brighton la squadra saprà ancora una volta che non potrà dare nulla per scontato, per questo il 3-3 col West Ham ha insegnato, eccome. Della serie "Quando vinco vinco, quando perdo imparo".

Photo by Standard.co.uk

E il Tottenham, a livello di formazione titolare, non è all'altezza di Liverpool e Manchester City, manca ancora qualche tassello veramente decisivo per raggiungere livelli straordinari: forse un centrale (per questo si voleva Skriniar, forse un mediano forte forte, forse un vero e proprio playmaker offensivo, un artista, un 10 alla Eriksen). Ma a livello di rosa, d'estensione, di valori, il Tottenham è una squadra competitiva nei 25 giocatori, costruita e adibita per giocare giovedì e domenica, per sognare pure in Europa League. Chiusa la dolorosa parentesi Brighton e West Ham, adesso si deve marciare. E' una Premier che t'ha aspettato, e col Liverpool senza Van Dijk può succedere di tutto, ma veramente di tutto. Proprio perchè, come per magia a porte chiuse, è la Premier più senza senso e impronosticabile di sempre. 

di Simone Dell'Uomo