Save the date

Il Chelsea che vinse la Champions League era una squadra che giocava con il cuore, spinta dall'orgoglio e dalla voglia di salire sul tetto d'Europa, come mai nessuna squadra della Capitale britannica aveva fatto mai. Il 19 Maggio 2012 l’ Allianz Arena di Monaco brulicava di spettatori che affollarono lo stadio, tutto esaurito. La 57esima edizione della Champions League mise di fronte i padroni di casa del Bayern Monaco e il Chelsea del govane alenatore Roberto Di Matteo, subentrato a stagione in corso.

Juan Mata

Una delle finali più pazze della storia, con i tedeschi che ipotecarono la vittoria con una rete di Thomas Müller sette minuti dalla fine. Tra i Blues c’era in campo anche un certo Juan Mata, giocatore fondamentale nell’annata della squadra londinese. Il centrocampista spagnolo racconta a The players tribune (piattaforma multimediale fondata dall'ex giocatore professionista della Major League Baseball Derek Jeter nel 2014) emozioni e sentimenti contrastanti di quella partita meravigliosa, sconsigliata ai deboli di cuore.

Il Bayern mette le mani sulla Coppa

"Il Bayern Monaco ha appena segnato all’83’ minuto della finale di Champions League del 2012, portandosi sull’1-0 contro, qualche secondo dopo ero nel cerchio di centrocampo dell’Allianz Arena, aspettando che i giocatori del Bayern finissero di festeggiare il goal che pensavano che gli avrebbe fatto vincere il match.

Didier Drogba

-Didier Drogba si avvicinò a me per riprendere il gioco. Didier non piegava mai la testa verso il basso, non sembrava mai scoraggiarsi, ma in quel momento lo fece. E non capivo perché.

Avevamo superato così tanti ostacoli per arrivare in finale.

Il nostro manager era stato esonerato qualche mese prima, poi abbiamo battuto in rimonta il Napoli agli ottavi di finale, poi siamo sopravvissuti in 10 uomini al Camp Nou nelle semifinali.

E adesso… Cosa succede? È finita?

Chelsea
Didier Drogba esulta con la casacca del Chelsea - Photo by Chelsea via Getty Images

La mano sulla spalla

Poggiai la mano sulla spalla di Didier e gli ho detto:

"Guardati intorno, Didier. Guarda dove siamo. Per favore, non preoccuparti. Continua a crederci… Semplicemente credici".

Per qualche ragione, continuavo a pensare: "Siamo destinati a vincerla".

Didier mi disse: "Ok, Juan. Let’s go!"

Colpo di testa

Didier ed io sapevamo che avevamo bisogno solo di una possibilità. E, cinque minuti dopo, ne abbiamo avuta una. Abbiamo guadagnato un corner. Ho posizionato la palla e Didier ha corso verso il primo palo.

Ricordate, sì?

Dopo aver segnato il pareggio… Già sapevo come sarebbe andata. Anche quando siamo andati ai calci di rigore, sapevo che avremmo vinto.

Dagli undici metri

E, quando Didier è andato a calciare l’ultimo rigore, ero sicuro che avrebbe segnato.

Penso che l’espressione sul suo volto, dopo aver spedito la palla dentro, dicesse tutto. Non sapeva se piangere o sorridere.

Era stupefatto, come lo eravamo tutti.

di Antonio Marchese