I ruggenti anni ’60


Era l’estate del 1966, I Beatles erano vicini all’apice della propria creatività e la Guerra del Vietnam monopolizzava le prime pagine dei giornali. Nel pomeriggio del 23 Agosto di quell’anno iniziava un lungo cammino che avrebbe portato ad una delle imprese calcistiche più sorprendenti di tutti i tempi.
A Loftus Road il Queens Park Rangers allenato da Alec Stock, ex giocatore degli Hoops del West London e di Tottenham e Yeovil Town, nonché ex allenatore, tra le altre, della Roma per un breve periodo, batteva il Colchester United con un sorprendente 5-0 nel primo turno di League Cup. Il club londinese militava allora nella Third Division e non era certo tra le favorite per la promozione nella serie superiore dopo una campagna acquisti in sordina e la cessione negli anni precedenti di un paio di pezzi grossi della squadra. Nessuno in quel caldo pomeriggio di fine Agosto poteva presagire ciò che sarebbe accaduto da lì a poco più di sette mesi.

 

The Road to Wembley


Gli uomini di Stock giocavano un calcio pragmatico, senza fronzoli e piuttosto avanguardistico per l’epoca, guidati dal difensore e capitano Mike Keen, dal centravanti Less Allen, buon finalizzatore ma ancora più importante come uomo di manovra, e dall’estro di uomini quasi intercambiabili in zona d’attacco come Rodney Marsh, Mark Lazarus e Roger Morgan.
Una delle costanti del percorso degli Hoops in quella memorabile edizione della League Cup fu la capacità del club londinese di ribaltare risultati sfavorevoli: sotto 2-1 con il Leicester City, gli uomini di Stock sfoderarono una prestazione sontuosa nel secondo tempo, portando a casa il passaggio del turno con uno spettacolare 4-2. La storia si ripetè anche contro il Carlisle United, battuto in rimonta 1-2, e nelle semifinali, giocate contro il Birmingham City. Il QPR divenne così la prima squadra della terza divisione inglese a mettere piede a Wembley per una finale.
In quegli stessi mesi, mentre gli Hoops volavano in Coppa di Lega e conquistavano la promozione in Second Division, il West Bromwich Albion si faceva strada in League Cup a suon di goleade, battendo, tra le altre, il Manchester City, il West Ham e gli storici rivali locali dell’Aston Villa.

Prima del fischio d’inizio


La finale tra il WBA ed il QPR si giocò nel pomeriggio del 4 Marzo 1967 sullo storico rettangolo verde di Wembley davanti a circa centomila spettatori, fu la prima finale di League Cup a disputarsi in gara secca e la prima ad essere mostrata in TV sia in Gran Bretagna che in altre nazioni. Si narra che, al momento
dell’ingresso in campo, Alec Stock si rivolse ai propri giocatori ed intimò loro di non alzare lo sguardo sulle tribune, conscio che quei ragazzi abituati alla Third Division avrebbero potuto provare soggezione nei confronti dell’ambiente, ma che il capitano Mike Keen, che evidentemente aveva già riflettuto sul fatto che le due squadre condividevano i colori sociali, gli rispose che tanto valeva guardarsi intorno poiché lo stadio sarebbe stato vestito a festa con i colori del QPR.
A causa di un fraintendimento nelle comunicazioni ufficiali, entrambe le formazioni scesero in campo con la divisa da trasferta, il WBA in completo rosso scuro ed il QPR in total white. La nebbia del mito avvolge i minuti che precedettero il fischio d’inizio: è stato ad esempio riferito che, al momento del sorteggio campo-palla, Keen raccolse al volo la moneta che l’arbitro aveva lanciato e, rivolgendosi al direttore di gara, pronunciò le seguenti parole: “Non si disturbi signore, dia a loro la metà campo che preferiscono e anche il calcio d’inizio, tanto il trofeo verrà con noi a Loftus Road”.

Il Primo Tempo della Finale


Nonostante le parole spavalde del capitano degli Hoops, la differenza tra il WBA, campione uscente e squadra di vertice del massimo campionato, ed il club londinese della terza serie si avvertì fin dai primi minuti. I Baggies sbloccarono il punteggio al settimo minuto con Clive Clark, una vera spina nel fianco per la difesa degli Hoops, e raddoppiarono, nuovamente con Clark, a dieci minuti dall’intervallo. Il WBA costrinse inoltre il portiere dei londinesi, l’encomiabile Peter Springett, a compiere tre parate decisive nel giro di venti minuti.
L’energia e l’organizzazione tattica della formazione delle West Midlands resero vano ogni sortita offensiva dei londinesi, le uniche vere occasioni per il QPR arrivarono grazie ad un passaggio illuminante di Lazarus per Morgan, il quale sprecò la chance facendosi rubare la palla dai difensori avversari al momento della conclusione, e con un tiro largo di Keen sugli sviluppi di un corner. La prima frazione di gioco si concluse con il WBA avanti 2-0, i tifosi dei Baggies che si sentivano ragionevolmente fiduciosi per il proseguimento del match e quasi certi di diventare la prima squadra della storia a vincere la League Cup per due anni consecutivi.

Il Secondo Tempo della Finale


Probabilmente non sapremo mai cosa accadde negli spogliatoi, ma sta di fatto che la piccola e disperata squadra di Third Division rientrò in campo con un atteggiamento molto più propositivo. Un raffinato tocco d’esterno di Morgan liberò Allen in area di rigore, ma il tiro del numero nove fu stoppato dal pronto tackle del capitano del WBA Graham Williams al momento della battuta a rete. Fu tuttavia proprio il centravanti degli Hoops a guadagnare un calcio di punizione al sessantatreesimo minuto, egli stesso fece partire un cross su cui Morgan si fiondò con l’istinto del vero bomber, segnando la rete del 2-1 e riaprendo la contesa.
Jim Langley, difensore del QPR, salvò in tuffo sulla linea di porta una conclusione avversaria a venti minuti dalla fine e solo due giri di lancette dopo fu nuovamente Springett a tenere ancora in partita i suoi con l’ennesima parata salvifica. Ad un quarto d’ora dalla fine fu un tiro rasoterra di Rodney Marsh, il cui nome era stato scandito dai tifosi del QPR per tutta la partita, anche nei momenti di maggior scoramento, a
regalare il pareggio agli uomini di Stock. A soli otto minuti e mezzo dalla fine un tiro del mediano dei londinesi Ron Hunt bucò la difesa avversaria, il portiere dei Baggies respinse d’istinto senza tuttavia riuscire ad allontanare la sfera dalla porta, sulla ribattuta si avventò Lazarus, il cui tocco in rete valse il definitivo 3-2 per il Queens Park Rangers. Da notare che fu un’altra rimonta a regalare il primo, e fin ora unico, grande trofeo nella bacheca di Loftus Road e ad incidere di diritto i nomi di quegli undici ragazzi del West London e di Alec Stock nella storia del calcio.

Una Lezione dal Passato


Il fatto che una squadra della terza divisione, l’equivalente della Serie C italiana, potesse, ed in fondo possa ancora, sollevare un trofeo così prestigioso o almeno regalare emozioni così esclusive ai veri appassionati di calcio la dice lunga su quanto la presenza delle squadre delle divisioni inferiori sia fondamentale per la crescita di un movimento calcistico, intendendo quest’ultimo come qualcosa di più di un fatturato. Da sempre la FA inglese supporta le squadre al disotto della Premier League e del Championship, non solo economicamente o con iniziative come quelle che abbiamo applaudito negli ultimi mesi, ma permettendo loro di partecipare a competizioni come la FA Cup o la League Cup, manifestazioni che, oltre a rimpinguare le finanze dei piccoli club, rappresentano con continuità e da sempre un sogno e un punto d’incontro per i tifosi di ogni fede, provenienza ed età.
 
Viene giustamente da chiedersi se coloro che organizzano il calcio italiano siano a conoscenza di storie come quella del QPR del 1966-67, il fatto che siano sconosciute ai vertici del calcio italiano potrebbe spiegare scelte scellerate come quella di limitare la Coppa Italia alle sole squadre di Serie A e di Serie B, avendo anche l’arroganza di paragonare questa manifestazione alla FA Cup o alla League Cup. Il calcio inglese mantiene un fascino senza tempo che i petrodollari non potranno mai comprare, una delle ragioni di questo imperituro successo risiede proprio nel fatto che le piccole squadre si siedono allo stesso tavolo delle grandi per ogni questione rilevante e che da ciò consegue una partecipazione popolare che nella maggior parte del continente si sta inesorabilmente perdendo. Si può solo sperare che l’orgoglio nazionalista venga un giorno messo da parte e che si possa imparare da chi ha trovato ricette vincenti, possiamo solo augurarcelo per il bene del calcio.
diMichele Mele