Come tutto ebbe inizio


Una delle più grossolane inesattezze, per non dire di peggio, che sono ormai diventate parte della pseudostoria del calcio è quella che vedrebbe gli inglesi rifiutarsi di partecipare alle prime edizioni dei mondiali di calcio organizzati dalla FIFA prima del 1950 poiché si ritenevano troppo superiori per giocare con altre nazioni. Basta conoscere un minimo di inglese e avere un po’ di tempo per cercare documenti ufficiali negli archivi certificati per scoprire che le cose andarono in modo decisamente diverso.
Nel 1901 la FIFA iniziò a muovere i primi passi e si organizzarono le prime riunioni internazionali con i responsabili delle diverse federazioni nazionali. Fino a quel momento si erano tenute soltanto amichevoli e tornei, quasi sempre vinti dalle inglesi, che, per qualche oscura ragione, la FIFA non ha mai voluto omologare come tornei ufficiali. Era un epoca in cui, pur esistendo il professionismo, il calcio era estremamente povero ed i giocatori professionisti erano spesso operai, minatori o ferrovieri che arrotondavano tirando quattro calci ad un pallone.
I progetti della FIFA furono da subito chiari, l’obbiettivo era quello di organizzare una competizione internazionale, i mondiali di calcio, per decretare quale nazione fosse la migliore al mondo. La prima sede prescelta per ospitare tale manifestazione fu la Svizzera, ma il tutto fu annullato quando ci si rese conto che, a circa tre mesi dall’inizio, si erano iscritte soltanto quattro squadre. La scarsa partecipazione e la conseguente cancellazione del torneo furono dovute al fatto che la FIFA non aveva intenzione di sostenere economicamente i calciatori che avrebbero partecipato al torneo e questi ultimi, i quali avrebbero perso diversi giorni di lavoro e di paga, avrebbero dovuto pagarsi tutto di tasca propria.

La scelta della FIFA non sta in piedi se si considera che altri tornei internazionali da essa riconosciuti validi, inclusa anche un edizione della Coppa d’Africa in tempi decisamente più recenti, si sono regolarmente svolti con il benestare della federazione nonostante solo quattro o meno nazioni si fossero iscritte. Fu così che la FIFA decretò che il torneo calcistico delle Olimpiadi, allora non limitato alle under 21, sarebbe valso come campionato del mondo, anche perché la stessa federazione internazionale contribuiva cospicuamente all’organizzazione del torneo a cinque cerchi. Gli inglesi vinsero ben tre edizioni sotto la Union Jack e nessuno sembrò rimpiangere il torneo che non si era disputato in terra elvetica.

Una questione di parità


La rigida posizione della FIFA rimase immutata quando nel 1930 l’Uruguay fu scelto per ospitare il mondiale, a quel punto un buon numero, ma non la totalità, delle nazionali di Paesi a maggioranza protestante, i quali non vedevano di buon occhio l’imperante professionismo sportivo che aveva preso ormai piede, si astennero dal partecipare al torneo fin quando la FIFA non avesse provveduto a garantire ai propri giocatori un adeguato compenso per la perdita economica. La federazione mondiale continuò inoltre a far buon viso a cattivo gioco e a finanziare le federazioni che basavano la propri esistenza sull’aspetto puramente economico del calcio, incluse quelle di Paesi come l’Italia di Mussolini e successivamente la Germania del Terzo Reich, le quali trasformarono lo sport professionistico in una macchina propagandistica di regime ed in uno strumento di distrazione delle masse con il silenzio assenso ed il supporto economico della FIFA.
Sentendosi discriminata per la propria adesione ai basilari principi dello sport e non potendo accontentare le legittime richieste dei propri calciatori, i quali chiedevano soltanto lo stesso compenso che la FIFA avrebbe fornito ai giocatori professionisti delle altre nazionali, la Football Association, ma non solo la nazionale dei Tre Leoni, inviò una cordiale lettera per scusarsi della mancata partecipazione al mondiale uruguagio e , nonostante le pressioni di varie autorità sportive e politiche, accadde lo stesso anche per i mondiali farsa del 1934 e del 1938. Fu dunque una questione molto più complessa di quella narrata nella famosa bufala tanto in voga in Italia, una richiesta di dignità e di pari trattamento che la FIFA non prese minimamente in considerazione, facendo nel contempo sparire senza motivo dalle documentazioni ufficiali i titoli mondiali vinti dagli inglesi per mezzo del torneo olimpico.

Come nasce una bufala


Le scuse della stereotipica spocchia e dell’arroganza non hanno ragione d’essere, gli inglesi infatti partecipavano a tutte le manifestazioni per club che iniziavano a comparire in quegli stessi anni e che in larga parte non erano poste sotto l’egida della FIFA, conquistando la vittoria nella stragrande maggioranza di esse pur schierando molti dilettanti o semiprofessionisti. La nazionale inglese inoltre sconfisse, spesso sonoramente, la squadra campione del mondo in carica: l’Uruguay, vincitore del mondiale FIFA 1930, fu umiliato a Stanford Bridge con un rotondo 5-0 nel 1931, l’Italia, uscita ovviamente vincitrice dall’edizione dei mondiali organizzata e pilotata dal regime fascista, fu battuta 3-2 dagli albionici nella celeberrima ‘Battaglia di Highbury, infine gli inglesi vinsero 6-3 a Berlino contro la Germania vincitrice del mondiale FIFA 1938 nella leggendaria partita in cui Jacky Robinson, sotto il naso di Hitler e di più di centomila tedeschi, baciò la stella di David dopo aver battuto il portiere tedesco.

Fu proprio in seguito a questi successi che la stampa dei paesi nazzi-fascisti, Spagna e Portogallo inclusi, fabbricò a tavolino la storiella, non rintracciabile in nessun articolo o documento ufficiale precedente, degli inglesi che non volevano giocare con gli altri, in modo da fomentare, sfruttando la popolarità del calcio, l’odio guerrafondaio che incendiava l’Europa dell’epoca. Non c’è dunque da stupirsi se in Italia questa bufala inverosimile è sopravvissuta e viene ancora propugnata come storia da chi, per adesione più o meno aperta ai principi anglofobi dell’Europa fascista o soltanto in malafede, preferisce adottare una grossolana menzogna piuttosto che abbracciare la complessità della realtà.
diMichele Mele