Alla scoperta della più bella e sottovalutata chiesa di Londra e del suo legame con la FA Cup
Il dono del cortigiano
A Smithfields, quartiere noto per le tante vicende storiche che hanno scandito la sua storia, la più nota forse la definitiva caduta del rivoluzionario medievale John Ball, sorge un’antica chiesa, spesso sconosciuta anche ai londinesi, testimonianza della grandezza della capitale del regno. Si tratta di St. Bartholomew the Great, così chiamata per distinguerla dalla successiva St. Bartholomew the Less.
Un cortigiano vicino al re Enrico II, un certo Mahere, discendente di una nobile famiglia sassone già in auge ai tempi di re Etelredo II (978-1016), decise di finanziare di propria tasca la costruzione di un’abbazia dedicata a San Bartolomeo dopo aver sognato il santo che lo guidava presso il luogo ideale per ospitare gli edifici monastici. La costruzione fu completata nel 1123 e, nonostante lo smembramento delle abbazie voluto da Enrico VIII, la chiesa è ancora oggi visibile, quasi completamente identica ai progetti originali.
Un gioiello dell’arte gotica
La struttura è inequivocabilmente gotica, con la pietra scura ed uniforme, ripulita dalle aggiunte dei secoli in cui fu usata come semplice chiesa parrocchiale, balconate, fregi ed elaborati intarsi lignei e grandi finestre istoriate, quasi tutte risalenti all’ultimo decennio del XII secolo. Se si eccettuano il duecentesco ingresso, il cui portale è però ancora quello originale del 1123, e l’eliminazione degli estremi dei bracci del transetto, l’edificio ci appare ancora oggi come doveva apparire agli occhi di Mahere, il quale fu il primo direttore dell’ospedale abbaziale.
Dalla seconda metà del XVI secolo, dopo la dissoluzione dei monasteri, perse importanza, ma tornò ad acquisirne con i primi decenni del XIX secolo, durante i quali sapienti restauri riportarono alla luce la struttura originale.
Il legame con la FA Cup
Nel 1914 la finale della più antica competizione calcistica al mondo si disputò al Crystal Palace di Londra tra Liverpool e Burnley, con i Reds del Merseyside favoriti dai bookmakers. La sera prima della partita, John Haworth, allenatore del Burnley, si trovò a Smithfields al termine di una lunga passeggiata che lo aveva portato molto lontano dall’alloggio della squadra. Entrato a St. Bartholomew the Great, rimase affascinato da una vetrata istoriata in cui vi è rappresentato, tra le tante figure, un drago con le fauci spalancate, tanto da restare a fissarla per molto tempo, quasi interpretandola come una profezia.
Fu lui a raccontare, piuttosto sorpreso, questo episodio al termine della finale, vinta dal suo Burnley grazie ad un goal decisivo di Bert Freeman, roccioso centravanti soprannominato ‘The Dragon’ per la grinta e il
famelico istinto da bomber che terrorizzava le difese avversarie; una curiosa coincidenza che inserisce di diritto St. Bartholomew the Great tra i luoghi extracalcistici da cui è passata la storia del football.
diMichele Mele